Venerdì della prima settimana di Avvento

Nel silenzio che accompagna i giorni dell’Avvento, la Parola del venerdì della I settimana dell’anno A ci invita ad alzare lo sguardo e riconoscere ciò che Dio sta già facendo nascere. In Is 29,17-24 il profeta annuncia un capovolgimento: il Libano diventerà un giardino e i sordi udranno le parole del libro, mentre gli occhi dei ciechi si apriranno. È come se Dio sussurrasse che nulla rimane sterile quando Lui passa, che anche ciò che sembra bloccato può rifiorire. E questo annuncio trova una risonanza profonda nel Sal 26(27), dove il salmista confessa: «Sal 26,1 Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore?». È la stessa luce che, nel Vangelo, tocca gli occhi dei due ciechi che seguono Gesù gridando: «Mt 9,27 Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Mi colpisce come in tutti questi testi il tema della vista torni a parlarci: Dio apre ciò che è chiuso, illumina ciò che è buio, e lo fa non solo nei miracoli eclatanti, ma nella fiducia che nasce nel cuore. Sant’Agostino diceva: «Conf. X,27 Tardi t’amai, bellezza tanto antica e tanto nuova… tu eri con me, ma io non ero con te», come a ricordarci che spesso la nostra cecità non è mancanza di luce, ma difficoltà ad accorgerci della Presenza. Forse allora la domanda che la liturgia ci pone oggi è semplice e profonda: quali sono i nostri occhi chiusi? Quali angoli della vita attendono di essere rischiarati? Nel quotidiano, possiamo iniziare da un gesto concreto: scegliere ogni mattina una cosa per cui ringraziare e una persona da guardare con più benevolenza. È un piccolo atto di fede, ma apre spiragli di luce, e dove entra la luce, Dio ricrea.
𝗜 𝗡𝗢𝗦𝗧𝗥𝗜 𝗖𝗔𝗡𝗔𝗟𝗜
